Re Rovobrigante

Una sera a cena con amici, alla loro bambina cade un dente da latte.

La filastrocca del dentino

Una sera di venerdì,
dopo avere cenato qui,
dondolava già dal mattino,
ed è venuto via un dentino.

Ora il vuoto la lingua batte
ma era solo un dente da latte
che va via senza danni
a chi ha sette o otto anni.

Ha salutato i suoi fratelli,
tutti in fila bianchi e belli,
con un salto se n'è andato
ed a fatica l'abbiam ritrovato.

E così ora se fai un sorriso
spunta un buco all'improvviso
ma è per poco e come già sai,
ancor più bella di prima sarai.

Si perché per ogni dentino
che cade e si perde, poverino,
un dente nuovo presto arriva
per riempire la tua gengiva.

E il dente nuovo è definitivo
e per questo importante motivo
la tua bocca terrai sempre pulita
perché durerà per tutta la vita.

E quello che avviene ai tuoi denti
avviene anche nei sentimenti:
nei bambini della tua età
qualcosa pian piano cambia già.

Come cadono i vecchi dentini
lascia cadere i capricci bambini,
alza la testa, guarda lontano
e ascolta chi ti porge la mano.

Nuovi i denti e nuovi i pensieri
che non saranno gli stessi di ieri,
gioca, scherza e ridi ancora
ma fai che sia ad ogni ora.

Fai che il sorriso non sia mai spento
nemmeno da un contrario evento
nemmeno da piccole difficoltà
che anche i bambini incontrano già.

E sarai sempre felice nel cuore
anche se arriva un lieve dolore,
come nuovi denti per tutta la vita
sia per te la gioia infinita!

 

Avviene spesso che mi chiedano di scrivere pensieri o frasi per ricorrenze, avvenimenti o per accompagnare un regalo.

Il ricordino

Questo è solo un ricordino,
spero gradito almeno un pochino,
che ricorderà questa serata
quando poi sarà passata.

Ci puoi avvolgere un cuscino
o porlo sopra il comodino,
ci puoi metter l’insalata
sempre che non sia lavata.

Ci puoi tenere le tue foto,
o il sacchetto del pane vuoto,
le matite e i pennarelli
o le spazzole dei capelli.

Lo puoi usare per sottovaso
ma non per pulire il naso,
lo puoi appendere alla parete
ma nell’angolo che non si vede…

Lo puoi anche regalare
si insomma, riciclare…
perché pensi sia orrendo,
tanto io non mi offendo.

E comunque sia usato
a me basta averlo dato,
che il suo scopo in fondo è
che ti ricordi di noi e di me.

 

Biglietto di Compleanno

Ecco, oggi è un giorno speciale,
un giorno che per te davvero vale,
una volta all’anno può arrivare
e non vogliamo lasciarlo scappare!

Così in questo giorno ti siamo vicini,
genitori, parenti, amici e cugini,
e tutto questo si sa che avviene
perchè ti vogliamo tanto bene!

E noi tutti ti festeggiamo
e con tanto affetto ti abbracciamo
che ti vogliam bene tutti lo sanno:
caro amico, Buon Compleanno!

 

 

Il sogno di Margherita

Margherita è una bambina di dieci anni che spesso è arrabbiata e triste ed è triste perché stanca di sentirsi sempre richiamata dalla mamma. In effetti, Margherita è un po' pigra e un po' sbadata, la mamma deve sempre dirle di rimettere in ordine la sua camera, di riporre con cura i vestiti, di non gridare quando gioca, di non fare abbaiare il cane, di mettersi a studiare, di controllare la cartella, di preparare la merenda, insomma deve sempre dirle tutto.

Il fatto è che la sua mamma non passa le giornate a pettinare le bambole ma lavora dalla mattina alla sera fuori di casa ed ha sempre pochissimo tempo, se Margherita non provvede a sistemare almeno le sue cose, va a finire che la mamma non ce la fa a fare tutto, poi si stanca, si demoralizza e a volte le viene da piangere.

Una sera Margherita si lasciò prendere dalla pigrizia più del solito, si mise sul divano davanti alla televisione e non fece più niente per tutta la sera, era talmente assorta a vedere il suo canale preferito che non sentiva nemmeno che la mamma continuava a chiamarla: “Margherita apri al cane che sto lavando i piatti”, “Margherita metti a posto le ciabatte che sto facendo il bucato”, “Margherita, dai da mangiare al gatto che sto stirando” e lei niente, diceva “Si…” e non si muoveva dal divano.

All'improvviso la mamma perse la pazienza, senza dire niente l'afferrò per il braccio, le dette due sculacciate da togliere il respiro e la portò a letto spegnendo subito la luce.

Nel buio della sua camera Margherita piangeva come un vitello abbandonato e pensava tra sé “non è giusto, io sono una bambina sfortunata, la mia mamma non mi vuole bene… Basta! Vorrei che sparissero tutti, che non ci fosse più nessuno, voglio stare da sola, voglio stare da sola!!!” e cadde in un profondo sonno.

Il mattino dopo si svegliò ed era una bella giornata di sole, si alzò e sentì che c'era un silenzio insolito. Guadò in giro per la casa, aprì le finestre, uscì in giardino e si rese conto, piano piano, si rese conto che non c'era nessuno. Restò un poco assorta in pensiero e poi fece un grande salto: “Che bellezza!, sono sola, libera, libera di fare quello che voglio!”.

“Per prima cosa non mi lavo per niente, poi metto i pantaloni e la maglietta con i disegni rock che non piacciono alla mamma, che bellezza!” Aprì l'armadio e butto fuori tutto quello che c'era dentro finché trovò quello che cercava. Aprì il frigo, mangiò tutto il cioccolato che trovò e si scolò un'aranciata.

Poi saltò sulla bicicletta e uscì. Che meraviglia, non c'era nessuno, niente macchine, niente moto, niente persone, tutto libero! In tutto il mondo era rimasta solo lei e tutto il mondo era a sua disposizione.

Pedalò in mezzo alla strada, passò dai semafori rossi, entrò in paese contromano e… meraviglia! Tutti negozi erano aperti e non c'era nessuno! Girò a lungo avanti e indietro, poi entrò nel negozio di giocattoli e prese tutte le bambole più belle, uscì ma nel cestino della bici ce ne stavano solo tre o quattro, allora scelse le migliori e buttò per terra le altre, poi entrò nel negozio di abbigliamento per bambini e prese tre o quattro magliette con i brillantini e due paia di pantaloni alla pescatora, poi entrò nel negozio di scarpe e prese tre paia di scarpe, una rosa, una viola e una argento con i brillanti. Nel negozio di scarpe trovò anche uno zaino, lo riempì con tutto quello che aveva preso e se lo mise sulle spalle. Riprese la sua bicicletta e si avviò verso casa.

Passando davanti al supermercato sentì che aveva un po' fame, entrò e mangio due sacchetti di patatine, quattro merendine ai cereali e un intero sacchetto di caramelle, bevendo mezza bottiglia di chinotto che aveva trovato bella fresca nel frigo.

Arrivata a casa vuotò lo zaino e passò tutto il pomeriggio a provare e riprovare magliette e pantaloni. A metà pomeriggio, però, cominciò a sentire un po' nausea per tutti i pasticci che aveva mangiato e a sera non aveva per niente fame. “Mangerò solo un po' di frutta”, pensò, ma nel frigo non c'era nulla e mangiò solo un dessert di polpa di mela.

Dopo cena disse “adesso mi guardo tutto quello che voglio alla televisione e vado a letto tardissimo, tardissimissimo!”. Spostò tutti gli abiti che aveva buttato sul divano e si sdraiò con in mano il telecomando. Dopo un paio d'ore di cartoni e serial per ragazzi, a causa dell'orario avanzato, non veniva trasmesso più niente di bello e Margherita trascorse ancora un paio d'ore passando da una canale all'altro con sempre meno interesse e sempre più sonno finché si addormentò con la televisione accesa. A metà della notte si svegliò per il freddo e sentì una nausea molto forte, si alzò dal divano e s'infilò nel letto, dormendo fino al mattino.

Il giorno seguente era stanca e indolenzita e aveva ancora un po' di nausea, girò qua e la tutta la mattina senza combinare nulla e verso mezzogiorno aprì il frigo ma non c'era nulla che le piacesse. “Uffa, devo andare al supermercato” disse tra sé. Inforcò la bicicletta e si avviò al supermercato, prese un po' di cose qua e là senza convinzione e uscì. Aveva iniziato a piovere e pedalando di fretta tornò a casa, mangiò qualcosa e anche il pomeriggio trascorse con molta noia tra televisione, disegni e giri a vuoto per casa perché fuori pioveva. Verso sera cominciò a sentire un fastidioso prurito alla testa e si ricordò che forse era ora di fare una doccia.

Il terzo giorno cercò di cucinare un piatto di pasta ma riuscì troppo cotta, sembrava colla e non la mangiò. Fece ancora molto tardi davanti alla televisione, commise l'imprudenza di guardare un film pauroso e dormì male per tutto il resto della notte.

Il quarto giorno i piatti sporchi accumulati nel lavandino della cucina cominciavano a puzzare e in casa c'erano sempre più mosche. Allora si diede da fare e lavò come meglio poté tutti i piatti ed anche la cucina.

Il quinto giorno si accorse che i vestiti rimasti nell'armadio erano solo quelli che non le piacevano allora raccolse tutti gli abiti sporchi e sgualciti che erano sparsi per la camera e li mise nel cesto della biancheria sporca pensando che prima o poi li avrebbe lavati.

Nei giorni seguenti riuscì a fare partire la lavatrice e a cucinare un piatto di pasta mangiabile. Poi scoprì che gli abiti lavati dovevano anche essere stirati per essere indossati. Il tempo passava e Margherita imparò che per stare un po' bene doveva fare regolarmente provviste al supermercato, cucinare due volte al giorno, fare il bucato, stirare, lavare il bagno e i pavimenti di casa. Si sentiva sempre più stanca e non aveva quasi più tempo libero ma anche ne avesse avuto si era ormai annoiata a girare per i negozi, a stare alzata la sera, a toccare e provare tutto quello che trovava in giro e non c'erano più cose che attirassero il suo interesse. Si sentiva sempre più triste e cominciò a sentirsi sola, si accorse che non le interessava ormai più di essere libera e sfrenata e desiderava riposarsi, smettere di lavorare continuamente, e… aveva il desiderio di vedere la sua mamma che le mancava tanto.

Quella sera a letto era particolarmente triste e si accorse che le lacrime le scendevano sul viso bagnando tutto il cuscino (il cuscino da parte sua era infastidito ma sopportava). Mentre piangeva Margherita disse ad alta voce, “Basta! Voglio la mia mamma, voglio tornare a fare una bambina, voglio tornare come prima!”. E il cuscino, sentendola, pensò "era ora!”. Margherita cadde in un sonno profondo e inquieto.

Mentre dormiva ancora profondamente sentì una voce che chiamava “Margherita alzati che è tardi, Margherita!” era la voce della mamma! Si alzò e trovo la sua mamma che stava servendo la colazione e il suo cagnolino che le faceva una gran festa. Margherita abbracciò la mamma con tutte le sue forze e si sedette a tavola dove trovò una meravigliosa colazione come solo la mamma sapeva preparare. Mentre mangiava, grossi lacrimoni le scendevano dal viso ma questa volta erano lacrime di gioia e Margherita continuò a consumare la sua colazione, sempre più annacquata.

Era stato un sogno? Era successo davvero? Era stata solo immaginazione? Margherita non riusciva a capire ma non le importava, l'importante era che tutto fosse finito!

Da quel giorno Margherita si rese conto che la sua era una bella vita, che la mamma aveva ragione di rimproverarla quando lo meritava e non fu più né distratta né sbadata. Si abituò a mettere sempre in ordine le sue cose, a rispondere subito quando la mamma la chiamava, anche se stava guardando la televisione, si lavò sempre puntualmente senza bisogno che la mamma glielo ricordasse ogni volta, insomma non fu più pigra.

E la sua mamma, da quel giorno, tutte le volte che la guardava, pensava tra sé: “la mia è proprio una brava bambina!”.

 

 

La Befana del fiume (filastrocca)

La Befana che vien dal camino
porta dolcetti ad ogni bambino
ma la Befana che arriva dal fiume
porta ben altro che qualche dolciume.

Un sacco grande ha sulle spalle
con dentro la gente, il fiume e la valle
che provano ancora a vivere insieme
a mettere in terra ancora quel seme.

Arriva e pronuncia una sola parola,
forse a dirla è rimasta lei sola,
e la conficca ad ognuno nel petto
con voce mite lei dice: “rispetto”.

“Uomo, oh uomo, devi imparare
che prima di correre deve badare
sia ai tuoi vecchi come agli eredi
che la ricchezza ce l’hai sotto i piedi!

So che con me anche tu sei d’accordo
e con affetto ti lascio un ricordo:
questo scatolone che ho fatto io
di cose buone che son tutte bio.”

 

 

Omar e Shaila

Tanto tanto tempo fa,
in un piccolo villaggio in India,
vivevano due innamorati,
Omar e Shaila.

Trascorrevano sempre insieme
tutto il poco tempo libero
dopo il lavoro nei campi
e i doveri nella propria famiglia.

Omar suonava il tradizionale sitar,
lo strumento indiano a quindici corde
tanto difficile che, dicono gli anziani,
occorrono due vite per imparare.

Amavano stare insieme
sulla riva del fiume,
guardandosi a lungo negli occhi
e godevano del solo vedersi.

Si guardavano ed erano felici
perché il loro era l'amore più bello,
quando il desiderio del cuore
è più forte di quello del corpo.

Omar suonava a fatica
perché l'antico strumento
aveva corde vecchie,
che suonavano sordo.

Shaila lo ascoltava in silenzio
lasciando finalmente sciolti
i capelli neri, lunghi alla vita,
che sempre teneva raccolti.

E arrivò la primavera
e la festa degli innamorati,
il giorno dello scambio di doni
con la persona amata.

Omar e Shaila quel giorno
si diedero appuntamento al fiume
e arrivarono portando ognuno
un pacchetto di carta di riso e filo di seta.

Appena si videro si corsero incontro
ma Omar ad un tratto si fermò stupito:
Shaila era irriconoscibile,
con i capelli tagliati corti alla nuca.

“Ma Shaila, mio amore, cosa hai fatto?”
“Omar, perdonami, per amor tuo
ho venduto i miei lunghi capelli,
con il denaro ho comperato il tuo regalo.”

“Oh Shaila” disse Omar tra le lacrime
“questo era il mio regalo per te…”
e aprì il pacchetto di carta di riso:
un nastro per capelli in filo d'argento.

“Omar, amore, non importa,
tieni il mio regalo e il mio cuore!”
Ed aprì il pacchetto di carta di riso
che conteneva corde nuove e lucenti.

Omar guardò le corde e chinò il capo
“Shaila, amore mio, luce della mia vita,
per comperare il tuo nastro per capelli
ho venduto il mio vecchio sitar!”

Rimasero in silenzio a lungo,
gli occhi lucidi alla luce del tramonto,
poi si presero per mano
e si avviarono verso il villaggio.

Si amarono per tutta la loro vita
ma dal quel momento e per sempre,
seppero che l'Amore Vero è concesso
purché ognuno sia sé stesso.

 

Un giorno ero in visita ad amici che hanno un negozio e osservavo i clienti.

Mele e scaffali (filastrocca)

Conservo le mele in una botte di legno;
perché restino intere e senza mai un segno
quando voglio una mela raccolgo la prima
per non ammaccarle, che poi vanno in rovina.

Invece certa gente nei negozi, che strano,
sembra non sappia governar la sua mano:
invece di servirsi davanti allo scaffale
rovista da dietro e si serve anche male.

Non lo si comprende, di motivi non ce n’è,
ma anche se di pezzi che ne sono due o tre
afferrano l'ultimo, ottusamente abituali,
anche se è evidente che son tutti uguali.

Se poi lo scaffale è pieno da straripare
i pezzi davanti son capaci di spostare,
li buttano ovunque con vera angheria,
poi lasciano tutto e se ne van via.

Quando poi lo scaffale è alto o profondo
puntellano i piedi per raggiungere il fondo
si affannano, spingono come fossero in guerra
e fanno cadere tofu e yogurt per terra.

Anche pregandoli e spiegando loro
che riempire e ordinare richiede lavoro
rispondon "si, si" ma poi non cambiano
certamente pensano “gli altri si arrangino!”

La terra dà i suoi frutti giorno per giorno
e quel che è di ieri non avrà più ritorno,
è legge di natura, ordine universale,
ed è bene governi anche un umile scaffale.

 

 

Le pubblicità di Natale (filastrocca)

Tra tutte le pubblicità che girano sulla tivù
alcune mi piacciono meno, altre un po’ di più;
ma se guardi con attenzione, su qualunque canale,
vedrai che le più strambe sono quelle di Natale.

Per fare più soldi non si può certo accettare
di sfruttare immagini che stan bene sull'altare
e allora si sforzano, a quanto pare invano,
di fare sembrare sacro ciò che è profano.

Così fan vedere ciò che pensano migliore
per raggiungere il cuore dello spettatore:
luci, stelle e lustrini con la neve d'inverno,
mescolano ben bene e li sbattono sullo schermo.

Mostrano una stella che veloce in cielo sale
lanciata da un tizio, forse un babbo natale,
dicendo che felice sarai per tutta l’annata
solo se berrai la famosa bibita gasata.

C'è il solito spot "siamo tutti più buoni"
ma solo se di marca sono i panettoni;
ne viene data una fetta, come buona azione,
ad un mediocre attore che si finge un barbone.

C'è una pubblicità che si spreca in lodi
di oggetti che invocherebbero gli angeli custodi,
gli angeli esistono, serafici e belli,
peccato se ne parli per vendere gioielli.

Ma le più insistenti, ormai anche retoriche,
sono le tante compagnie telefoniche:
dicono che le chiamate sono quasi regalate
e invece ti succhiano euro a palate;

e sempre loro, per invitarti a consumare,
mostrano gente famosa che parla al cellulare
e tutti quanti dietro, come pecore a seguire,
ma, di davvero edificante, cos'abbiamo da dire?

Noi gente comune, che non siamo stelle,
che le nostre esperienze abbiamo sulla pelle,
siamo ricchi di ciò a cui il destino ci invita
e con buona volontà portiamo avanti la vita.

Si, siamo felici quando Natale poi viene,
ai nostri cari poter dir "ti voglio bene",
e quando sentiamo delle campane il rintocco
ecco un semplice dono, con un bel fiocco.

 

L'estate

Su questa terra, nel nostro emisfero, nella nostra regione situata tra i monti e la pianura, c'é una sola stagione in cui si manifestano le giuste condizioni per la vita dell'uomo ed è l'estate. Essa concede di vestirsi liberamente, di nutrirsi con freschezza e naturalezza, di entrare in rapporto con il sole, con l'aria e con la vegetazione, ci rende più coscienti del movimento degli astri, favorisce gli incontri tra gli uomini e con gli animali. Le altre stagioni non sono che il saluto, il rimpianto o l'attesa dell'estate.

 

Carbone e petrolio.

Tutta la natura vive in una dinamica centripeta, un flusso di energie che dal cielo giunge verso la terra e qui si condensa alimentando ogni forma di vita che, compiuto il proprio ciclo, si spegne e torna alla terra da cui era sorto, ricoperto da nuovi organismi e nuove condensazioni che si avvicendano perennemente. Così nel sottosuolo la natura ha il proprio cimitero naturale di residui organici che ancora per poco alimentano la vita ma presto sprofondano ricoperti, residui corrotti che si allontanano nel profondo né più contaminano le nuove vite. A imitazione della natura operò l'uomo; fin dalle più remote ere, dagli albori delle civiltà, fin dall'alba del cammino di evoluzione su questo pianeta, l'uomo ha imparato ad affidare alla terra tutto ciò che si spegneva alla vita, rivolgendosi all'aria ed al sole per nuovo nutrimento, come le piante. Così per molti millenni, per un lungo tempo, fin quasi ad oggi. Due o trecento anni fa l'uomo ha invertito il proprio orientamento. Per la necessità di consumare molta energia tutta insieme, fattosi indifferente alla dinamica vivificante, l'uomo non si è più rivolto al cielo e alla luce ma, contro natura, è andato a scavare nel cimitero della terra, ha trovato i resti delle vite antiche e le ha riportate alla luce, resti corrotti e maleodoranti degli organismi che furono; prima più in superficie poi in profondità, fondando su di esso tutta la propria attività. Non sapeva, l'uomo, che il putrido essudato contamina di morte le nuove vite, sparso, bruciato o trasformato che sia. Non lo sapeva.

 

Astrazione

Aveva ragione Gödel, matematico, logico e filosofo statunitense di origine austro-ungarica, che (detto in parole molto povere) ha dimostrato che in qualunque contesto ci sarà sempre un qualche aspetto non comprensibile nei termini di quel contesto. Tradotto nella vita di tutti i giorni significa che non possiamo valutare la nostra vita quotidiana finché rimaniamo immersi nel turbine degli impegni e degli oneri, appunto, quotidiani. Ogni tanto è necessario fermarsi, uscire idealmente dal contesto e valutare il nostro percorso esistenziale come lo osservassimo dall'esterno e dall'alto, per comprendere cosa stiamo facendo e dove stiamo andando, per valutare se stiamo facendo bene a noi stessi e alle persone che coinvolgiamo. Le vacanze possono essere l'occasione per questa astrazione. Quindi non vacanze di attività e distrazioni nuove nella forma ma vecchie nelle conseguenze, piuttosto vacanze di riposo e ricreazione ma arricchite dalla novità del recupero della capacità critica, osservando il nostro operare quotidiano come farebbe un estraneo che assiste alla nostra vita. Questo è il mio augurio.

 

 

© Re Rovobrigante

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Re Rovobrigante è un saggio e, a modo suo, un eremita. E’ un eremita moderno: legge i quotidiani, ha la televisione, è connesso ad internet. Osserva tutto ma con ingenuità, come un bambino, e commenta ciò che osserva esprimendosi in forma di istruttive filastrocche o semplici pensieri, come si rivolgesse appunto ai bambini.

Ospito qui alcuni suoi pensieri. R.V.